Da qualche giorno circola la notizia secondo cui TikTok, che ha da qualche mese esteso la lunghezza massima dei suoi video a 3 minuti, potrebbe “sgravare” e permettere ai suoi utenti l’upload di contenuti lunghi fino a 600 secondi.
È chiara, in questo senso, la volontà del social cinese di andare a fare la guerra e conquistare proseliti a discapito degli altri colossi del video broadcasting YouTube e Twitch. Questa scelta ha sicuramente delle implicazioni interessanti anche per i brand, andiamole a esaminare:
TikTok video 5 minuti: Content creation vs Freebooting
TikTok nasce come piattaforma di video brevi in cui si potevano inscenare balletti, brevi performance di recitazione e altri contenuti brevi. Una sorta di erede di Vine, ma con molti più tool creativi.
La scelta di permettere l’upload di video di lunghezza media va in controtendenza con la creazione di contenuti “amatoriale”, favorendo i grandi network editoriali. Questi ultimi infatti hanno la possibilità di realizzare contenuti più strutturati e produzioni ad hoc e il freebooting, ovvero la rimediazione di contenuti pensati originariamente per altri social (ex. TV, YouTube e Twitch).
Una dinamica interessante ma dannosa per quanto riguarda i diritti d’autore dei creators: il freebooting è infatti un’arma a doppio taglio, in quanto contribuisce a boostare un contenuto, ma non permette al creator di monetizzarlo.
TikTok video 5 minuti, Media Adv:
Allo stesso tempo, l’allungarsi dei contenuti cambierà la modalità di fruizione da parte degli utenti. Presumibilmente salteranno meno da un contenuto all’altro nel loop interminabile che abbiamo imparato a conoscere, ma rimarranno incollati allo stesso contenuto per alcuni minuti.
Questa dinamica, simile alla fruizione di Twitch o YouTube, avrà probabilmente la conseguente introduzione di nuovi formati Adv, siano essi banner o mid-roll, in modo da poter monetizzare anche questo tipo di contenuto. Esperti di biddable, preparatevi a pianificare anche su TikTok!
Tramonto del P2P e ascesa del broadcasting?
Negli ultimi anni, tutti i social hanno avuto la stessa parabola. Nati come social di condivisione libera e ingenua di utenti normali (peer to peer), hanno poi visto la loro content base dominata da contenuti prodotti da pochi “eletti”. La logica broadcasting: uno-a-molti.